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Ben venga il punto strappato in extremis e senza grandi meriti, ma così non va, caro Cagliari. La partita di Verona è stata deludente, non tanto per il risultato finale, quanto per quello che ha fatto vedere il campo. Il pareggio raggiunto in extremis è una bella manna dal cielo. Un Cagliari confusionario, male assortito fra reparti, debole perfino davanti ad avversari abbastanza modesti e in grave crisi.

Dalla mediocrità generale, allenatore compreso con una formazione iniziale mal disposta e ancora una volta di nuova composizione , si é salvato il solito sontuoso Sant’Elia Caprile, che ancora una volta ha tenuto in piedi la squadra con i suoi interventi prodigiosi, al limite di ogni umana possibilità calcistica. Ma anche Idrissi e Felici meritano un giudizio positivo per i gol segnati che hanno fruttato il pareggio oltre ogni merito della squadra. In particolare il ragazzino di Sadali, appena ventenne, va elogiato e promosso.

Passo falso iniziale anche per mister Pisacane che ha mandato in campo una formazione perlomeno discutibile, cambiando ancora una volta la faccia della squadra e la disposizione tattica. Alla vigilia, mister Fabio aveva parlato dello scontro con il Verona di una terza finale fra le prime otto partite disputate, una partita da affrontare con coraggio e decisione, personalità e carattere. Per intendersi, in tutt’altro modo che contro il Bologna, in particolare nel secondo tempo. Il tecnico rossobù ha invece mandato in campo una formazione giovanissima, con limiti evidenti di personalità e esperienza. Non sono questi gli incontri in cui mandare in campo contemporaneamente ragazzini all’esordio, soprattutto in zone nevralgiche come il centrocampo dove il baby Liteta è apparso spaesato e in perenne affanno. Non lo hanno aiutato Prati, Folorunsho, e neppure gli esterni Palestra e Idrissi, anche loro a disagio nella confusione generale.

Il discorso Prati merita un capitolo a parte: il ragazzo continua a deludere nel ruolo di play, non ha il piglio giusto per esserlo. Cominciano a sorgere seri dubbi che lo scorso campionato l’allenatore Nicola avesse visto bene nel lasciarlo prevalentemente in panchina. Una scelta che al presidente Giulini, che aveva scommesso 5 milioni acquistando il ragazzo dalla Spal, non è andata giù e che è stata una delle cause del siluramento del mister torinese. Prati non riesce ad arrivare allo step della consacrazione, rimane un giocatore inespresso.
Così come altri nello scacchiere rossoblù, a cominciare da Gaetano e Luvumbo. Tutti giocatori che stanno mancando l’appuntamento con le aspettative e che pertanto rientrano nel novero delle delusioni. Quello che però sta mancando maggiormente al Cagliari è il concetto del gioco di squadra. I reparti appaiono scollegati, non si vede una transizione fra la fase difensiva e quella d’attacco, la luce del centrocampo rimane spenta e raramente si accende.
Se a questo si aggiungono un attacco che non segna e una difesa insicura e sempre soccombente sulle palle inattive, allora il quadro diventa diverso da quello che era stato sognato con le prime partite di campionato. C’è ancora molto da fare e lacune da colmare. E forse anche qualcosa da chiarire all’interno dello spogliatoio, dove qualcosa si è probabilmente incrinato nel rapporto fra l’allenatore e qualche giocatore. Sará il tempo a dirlo, giá dalle prossime gare.

